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Gli ammortizzatori sociali provano il salto di qualità*
Decade dal trattamento di integrazione salariare o dal sussidio di disoccupazione il lavoratore che, a seconda delle circostanze, rifiuti una occasione di lavoro congrua ovvero un percorso formativo di riqualificazione professionale.
È questa una elementare regola di responsabilità, che costituisce il cuore delle politiche europee di workfare e su cui si fondano i più moderni sistemi di ammortizzatori sociali. Ed è questa la principale novità della recente l. n. 2/2009 di conversione del c.d. “decreto anti-crisi” (d.l. n. 185/2008).
Analogo principio, sebbene di portata non generale, era invero già contemplato nel nostro ordinamento all’art. 1-quinquies del d.l. n. 249/2004, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 291/2004. Nel disciplinare i casi di decadenza
dai trattamenti previdenziali e da altre indennità o sussidi, l’art. 1- quinquies stabilisce infatti precisi obblighi nei confronti dei lavoratori beneficiari di interventi per il sostegno al reddito. Tutti i soggetti in cassa integrazione,
mobilità, disoccupazione speciale o comunque percettori di un sussidio legato allo stato di disoccupazione ed inoccupazione sono sottoposti a un obbligo di adesione e attiva partecipazione (nella misura minima dell’80% del corso) a una offerta formativa o di riqualificazione professionale.
Lo stesso articolo prevede, inoltre, un obbligo di accettazione di una offerta di lavoro, inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20% rispetto a quello di provenienza per i lavoratori in mobilità, per i percettori di un sussidio connesso allo stato di disoccupazione o inoccupazione, per i beneficiari del trattamento di disoccupazione speciale, per i lavoratori sospesi in cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione di attività, ovvero in cassa integrazione guadagni straordinaria concessa ai sensi di normative speciali in deroga alla vigente legislazione. Nei casi di rifiuto del
percorso di adeguamento formativo o di reinserimento nel mercato del lavoro, anche nelle modalità di c.d. “presa in carico” di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 276/2003, è prevista la perdita dei relativi trattamenti.
Come bene sanno gli operatori del mercato del lavoro, questo complesso impianto normativo, decisivo per la modernizzazione del nostro sistema di ammortizzatori sociali, non è tuttavia mai decollato. Ai fini della effettività
di una siffatta regola di responsabilità è sin qui mancata, per un verso, una lineare circolazione delle informazioni relative ai percettori di sussidi pubblici mentre, per l’altro verso, non è emerso con sufficiente chiarezza chi fosse il soggetto responsabile, anche in termini di possibile danno erariale (si veda la circ. n. 5 del 22 febbraio 2006), della concreta applicazione del regime sanzionatorio e cioè della perdita del beneficio. La stessa mancata segnalazione agli uffici competenti dell’Inps, da parte dei centri pubblici per l’impiego, non risulta essere mai stata sanzionata e non solo per l’inerzia degli operatori. La logica del c.d. “patto di servizio”, almeno per come disciplinata dalle leggi regionali, ha sempre operato ai fini della mera selezione dei beneficiari delle misure di orientamento e sostegno al reinserimento
al mercato del lavoro e non come condizione per l’erogazione del sussidio in capo all’istituto di previdenza. Così come del tutto deresponsabilizzate sono sin qui state le agenzie private del lavoro, rispetto a un obbligo di comunicazione
a cui pure la legge (art. 4, comma 1, lett. f, d.lgs. n. 276/2003) condiziona il rilascio, la conferma o il mantenimento della autorizzazione che le abilita a operare sul mercato del lavoro.
Per superare questa situazione di stallo interviene ora il comma 10 dell’art. 19 del d.l. n. 185, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 2/2009, dove si prevede in modo netto che il diritto stesso a percepire qualsiasi trattamento
di sostegno al reddito, ai sensi della legislazione vigente in materia di ammortizzatori sociali, sia subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale. La innovazione
legislativa non è di poco conto. La concessione del trattamento viene dunque ora condizionata ex ante alla dichiarazione di disponibilità del lavoratore e non è più affidata a un incerto e del tutto eventuale impegno ex post, assunto in sede di patto di servizio, che impone un non sempre facile dialogo tra Inps, centri pubblici per l’impiego e agenzie private per il lavoro
e che comunque risulta condizionato dalla molteplicità di normative regionali vigenti in materia. Dispone infatti il comma 10 dell’art. 19 che il lavoratore destinatario dei trattamenti di sostegno del reddito perde automaticamente
il diritto a qualsiasi erogazione di carattere retributivo e previdenziale, anche a carico del datore di lavoro, in caso di rifiuto di sottoscrivere la dichiarazione di immediata disponibilità ovvero, una volta sottoscritta la dichiarazione,
in caso di rifiuto di un percorso di riqualificazione professionale o di un lavoro “congruo” definito ai sensi del già ricordato art. 1- quinquies del d.l. 5 ottobre 2004, n. 249. E con ciò metà del problema è risolto.
Non resta ora che predisporre una adeguata infrastruttura informatica (una banca dati Inps, come indicato dal comma 4 dell’art. 19) per garantire la lineare e trasparente circolazione delle informazioni a tutti i servizi competenti,
comprese le agenzie private del lavoro, su chi sono i percettori dei sussidi al fine di poter offrire loro i percorsi formativi e le occasioni di lavoro di cui parla la legge.
Michele Tiraboschi
tiraboschi@unimore.it
* Il presente intervento è pubblicato anche su Il Sole 24 Ore, 6 febbraio 2009.
Riepilogando, se fossi un operatore dei servizi per l'impiego e l'ufficio mi incaricasse di telefonare a quei disoccupati percettori di ammortizzatori per offrire un posto di lavoro o la partecipazione gratuita a un corso e questi mi rispondessero immotivatamente "no, grazie" dovrei informare l'INPS per il blocco dell'assegno.
Con quale criterio dovrei mettere in ordine la lista dei numeri di telefono? Li ordino dal costo più pesante al più basso? Cioè: prima quelli che prendono 1.000 euro al mese e sotto quelli da 800 ecc. ? O dovrei pescare a casaccio, come per la lista del lavoro di tipo accessorio?
Naturalmente quelli che non hanno diritto a percepire sostegni economici non sarebbero degni di attenzione, tanto non costan nulla!
Allora, prima di procedere a controlli, mettiamo tutti sullo stesso piano, dotandoli di un sostegno dignitoso, a prescindere, e poi partiamo con le offerte di lavoro e corsi ai quali aderire obbligatoriamente.