ho inviata anche questa Relazione al Forum PA 2011, meno sintetica di quella sulla Rete per il lavoro (vedi ultimo messaggio sezione azioni di sostegno anti crisi
viewtopic.php?f=2&t=17&p=418#p418 ) e in versione adatta per addetti ai lavori, con alcuni riferimenti a vissuto dei lavoratori atipici nella Pubblica Amministrazione. Dovrebbe essere inserita negli atti (non prevista a voce). Ho notato che il breve riferimento di sintesi che avevo messo come commento nel sito del Forum è stato colto nella rete e il messaggio è rimbalzato forte e chiaro.
Relazione al Convegno B.02 "Lo sviluppo delle Risorse Umane: coniugare regole, talenti e merito"
Risorse atipiche: una spremuta di limone o innovazione?
Laura Spampinato (psicologa del lavoro e dell’organizzazione, esperta di orientamento e politiche per l’occupazione)
La presenza nella PA di numerosi lavoratori atipici, chiamati in modalità di somministrazione o collaborazione a progetto per rinforzare i ranghi e utilizzati anche per molti anni determinando attese di stabilizzazione, è fenomeno non approfondito in occasione dei dibattiti sullo sviluppo delle Risorse Umane nella PA.
“coniugare regole, talenti e merito” diventa fatica di Sisifo e non si può parlare di sviluppo delle Risorse Umane, bensì di processi mortificanti e demotivanti per tutti, laddove si continui a sottacere la problematicità delle relazioni che all’interno degli uffici pubblici si viene a creare avvalendosi di figure di passaggio per azioni specifiche, spesso definite azioni innovative, specialmente quando sia previsto il contatto diretto con i cittadini e i partenariati locali, nazionali e internazionali, ai quali viene fornita un’immagine della PA per nulla rassicurante in termini di continuità e miglioramento dei servizi avviati.
Dirigenti e funzionari, avendo temporaneamente a disposizione lavoratori atipici con competenze adeguate alle necessità contingenti, tendono ad attribuire loro alcune mansioni che dai dipendenti non possono pretendere o che ritengono meno adatte a questi, trascurando o procrastinando la formazione interna. I dipendenti della PA solitamente vengono disturbati dalle presenze atipiche, e può verificarsi risentimento e riduzione al minimo delle prestazioni: "tanto ci sono loro …". Scattano meccanismi di gelosia, contrasti e assenteismo, particolarmente nei confronti dei collaboratori a progetto che i dipendenti ritengono guadagnino molto di più rispetto a loro e con minori restrizioni di orario (frase tipica: “guadagnano un sacco di soldi più di noi che siamo qui da anni e fanno come gli pare”), anche quando sia perfettamente calcolata dall’Ufficio del personale la quota da attribuire ai collaboratori includendo le voci che spettano ai dipendenti ma distribuite in forma differente (es. tredicesima) e senza considerare le cadenze prolungate dei pagamenti e minori diritti complessivi (es. indennità di disoccupazione). Non parlo ovviamente di nomine dirigenziali ma di semplici collaboratori assimilabili ad una categoria di istruttore direttivo D1.
Gli atipici sono chiamati ad una fatica notevole per integrarsi nel modo richiesto all’interno di un clima aziendale il più delle volte lacerato da lotte intestine, a cadenze temporali particolarmente stressanti, ovunque capiti l’occasione di poter dare rinforzo. Al processo di apprendimento del nuovo lavoro viene a sommarsi la necessità di essere accolti non come rivali da tenere a bada o umili prestatori usa e getta, che nulla cambieranno nella stabile organizzazione delle giornate di lavoro e nelle abitudini consolidate, bensì colleghi portatori di esperienze diverse e utilmente trasferibili e assimilabili.
Ricordo l’espressione delle dipendenti di un Tribunale quando un’Associazione mi inviò ad inserire dati “per velocizzare” l’impianto di un Albo professionale e le mie dita volavano sulla tastiera. Dovetti fare uno sforzo notevole per ridurre la mia velocità e risultare così accettabile. Compresa la situazione, mi adattai a fare la spesa con loro nello spaccio, portai una crostata fatta da me, ogni tanto mi fermavo a fare quattro chiacchiere per riposare la vista e la postura, e alla fine risultò graditissima la mia collaborazione. Comprensibile la loro preoccupazione, visto che dovevano imparare a usare il pc e i miei ritmi non erano certo quelli che avrebbero accettato per una vita intera!
A volte i rapporti fra atipici e tipici diventano ottimi, ma in ogni caso arriva una scadenza improrogabile: 36 mesi. Possono anche arrivare note di merito dai dirigenti di un Settore che sollecitano la prosecuzione dell’incarico almeno per completare un progetto in corso di attuazione, ma nulla da fare: per legge si è fuori.
Oppure si procede a trasferimento di Uffici, assegnazione di Servizi tramite gara o accordi particolari, senza tenere in alcun conto l’apporto dato dai lavoratori atipici e liquidandoli senza alcuna discussione. Si sono verificati casi in cui sono giunte ad Assessorati e Direzioni lettere da parte degli utenti di servizi, gestiti esclusivamente o quasi da figure atipiche, che imploravano la prosecuzione dei rapporti con queste persone per non dover ricominciare daccapo percorsi di racconto dei loro casi personali (es. Uffici per ricerca badanti o Servizi per l’impiego), ma sono state ignorate le richieste e cestinati i dati accumulati in data base e armadi pieni di documentazione, relazioni dettagliate con proposte di miglioramento continuo, ripartendo da zero.
Se le procedure concorsuali non sono ritenute convenienti/possibili o si vuole procedere a sperimentazione di Servizi innovativi per poi decidere eventuale stabilizzazione dei Servizi, le singole gare per le agenzie di somministrazione o le assegnazioni di incarichi a terzi, sia collaboratori diretti che cooperative, Fondazioni o Associazioni, che a loro volta assegnano incarichi a collaboratori, sballottati in una sorta di girone infernale come anime perse a contabilizzare le giornate che mancano per poter accedere a un minimo di protezione alle scadenze contrattuali, non possono essere gestite in modo tale da buttare a mare professionalità e competenze specifiche maturate a contatto con utenti particolarmente sensibili come i disoccupati o le persone che si trovano in stato di sofferenza, i quali, dopo aver con fatica aperto il loro animo agli operatori e costruito un percorso assieme, si trovano davanti all’improvviso facce sconosciute, incertezze, e a volte discordanti indicazioni (quelli che c’erano prima, come in politica, han sempre agito male).
Stendiamo, mentre che ci siamo, un velo pietoso sui soldi che vengono sprecati per mettere in piedi concorsi concepiti solo per prolungare legalmente incarichi già affidati, beffando i partecipanti speranzosi che investono in studi e spese non sapendo che i posti sono già assegnati a ottimi professionisti nell’ambiente già stimati e operosi.
Oggi pensionata, personalmente sono stata somministrata 13 volte presso lo stesso Ente (per citarne uno) e nonostante cambiassero le agenzie per effetto di gara, non cambiavo posto io perché fornivo risultati apprezzati, fino al compimento del 36esimo mese in cui dovetti abbandonare in tutta fretta la scrivania. Naturalmente ripresi da dove avevo lasciato ma come co.co.pro. pagata da una Fondazione incaricata allo scopo, giusto per il tempo di terminare il lavoro che portava il mio nome.
Altre mie colleghe dello Sportello Biagi, già da anni collaboratrici a progetto, furono liquidate, prima per chiusura dello Sportello (perché procurava poche assunzioni a tempo indeterminato ai disoccupati appartenenti a fasce deboli!) e poi per chiusura dell’Assessorato.
Altre ancora provenienti da Italia Lavoro e per un po’ somministrate in Comune presso lo Sportello badanti (soppiantando all’improvviso Sportello con identica funzione che era stato istituito da altro Assessorato e presso il quale io e altre colleghe lavoravamo somministrate con grande e invidiato successo, testimoniato da famiglie e badanti servite), per effetto di successivo affidamento di incarico ad una cooperativa, si trovarono di fronte a proposta peggiorativa e non accettarono tale umiliazione.
Nulla di male a cambiare datore di lavoro pur rimanendo nello stesso luogo e/o assegnati ad altri compiti di uguale livello ma, se è stato dimostrato talento, il merito non può essere premiato con la decurtazione del compenso assegnato e/o la disoccupazione successiva dovuta solo a cambiamenti di carattere politico.
L’insegnamento per tipici ed atipici è, in tali casi: per quanto abili e produttivi, i lavoratori atipici nella PA vengono espulsi e sostituiti secondo logiche che non considerano necessariamente le competenze e il merito dei successori, e che risultano essere una beffa rispetto all’importanza data al concorso come strumento idolatrato, unico possibile per un inserimento valido (mentre spesso continua ad essere scambiato con voti e favori). L’innovazione nello stile e nei metodi, che spesso da queste figure viene portata, d’un colpo e senza scrupoli viene vanificata, regredendo a stadi precedenti con molte difficoltà di recupero per chi rimane e viene chiamato come ripiego ad un confronto impossibile e rigettato.
La PA dovrebbe essere di esempio al settore privato nella capacità di assegnazione e riconversione delle risorse umane, e tali comportamenti sono deprecabili.
Gli atipici nella PA difficilmente trovano altra collocazione perché non sono previsti travasi naturali di competenze in simili situazioni (enti affini), come previsto per i dipendenti puri, ed il settore privato li snobba come potenziali fannulloni. Alla costituzione di un data base di questo tipo non si è ancora provveduto.
Il rinforzo atipico dovrebbe, a mio modesto parere, essere ammesso nella PA in modalità di somministrazione solo per mansioni d’ordine in periodi di attività straordinaria (esempio: passaggio di dati al pc, - informazioni generiche - raccolta di documentazione presso sportello con semplice rilascio ricevuta - in occasioni straordinarie), mentre il personale dipendente dovrebbe avere la possibilità di cimentarsi in nuove ed eventualmente innovative funzioni, determinando quindi possibilità di crescita dell’interesse al lavoro, alla scoperta di nuove dimensioni e relazioni. In particolare, il personale dipendente dovrebbe rinforzare i servizi ove il rapporto con gli utenti e i partner istituzionali deve essere continuativo e affidabile, mentre dove la raccolta di dati ed elaborazione di percorsi è meno sensibile possono più opportunamente operare risorse atipiche.
Solo se i risultati non dovessero essere positivi e dialogando con i funzionari sulle difficoltà incontrate, si dovrebbe procedere a incarichi di collaborazione esterna, condivisi e desiderati da tutto l’ufficio che accoglierà i lavoratori a tempo determinato per il tempo necessario, senza far pesare a nessuno questa condizione. In questi casi, sarebbe utile e pratico attingere le risorse qualificate da un bacino di operatori con esperienza assunti a tempo indeterminato da un’organizzazione che li invii in missione presso gli Enti richiedenti, flessibilmente per il tempo necessario ma garantendo continuità dell'impiego alle singole persone e capitalizzazione della loro formazione continua, a beneficio della collettività intera grazie alla disseminazione di buone pratiche che ne conseguirebbe in modo spontaneo, ottimizzando i processi senza costi aggiuntivi.
I recenti accadimenti in Italia Lavoro, che nel gestire il personale non ha mostrato coerenza rispetto alla sua missione, gettando a mare proprio in tempo di crisi - e conseguente necessità di potenziamento dei Servizi per l’impiego - figure professionali che sanno già come operare in molti contesti della PA, dimostrano che questa Società attualmente non assolve questa funzione e che un cambiamento di rotta complessivo è necessario.
Ovviamente, professionalità di questo tipo da impiegare nella PA devono accettare trasferimenti di sede, laddove richiesto, ma esattamente come tutti gli altri lavoratori della PA.
Un Ministero che si occupa non solo del lavoro ma anche della salute dei lavoratori, non può liquidare questo problema con un semplice richiamo alla flessibilità necessaria e la parziale disponibilità ad eventuali soluzioni per pochi eletti, bensì prospettare soluzioni nuove valide in tutti i casi, anche i più solitari, e quindi di sistema.
Più in generale, e quindi con riferimento non solo alle risorse impiegate nella PA ma anche nel settore privato, il lavoratore atipico dovrebbe preoccuparsi solo di svolgere bene il nuovo lavoro non dovendo subire continui stati di sofferenza quando si approssima la scadenza. La soluzione dovrebbe essere prevista a monte, preventivata in modo chiaro, comprendendo sostegno al reddito in ogni caso, e nel periodo di non lavoro avviando le risorse disponibili nel sociale, in modo che siano comunque produttive di welfare, ossia benessere comune, evitando lancinanti dolori da abbandono.
(traggo da email inviatami per conoscenza)
…. è caduta in uno stato di forte prostrazione mentale con conseguenze fisiche.
L'impossibilità di cercare un altro impiego continuando il lavoro in ………. e la paura,una volta scaduti i termini sopraccitati ,di non godere, per pochi giorni mancanti,del sussidio sopra menzionato,hanno fatto si' che ,in data 06/03/2011,la Signora ………. si sentisse male al lavoro.
Una volta avviatasi verso casa Ella sveniva sui mezzi pubblici e trascorreva la notte al pronto soccorso dell'Ospedale Sacco di Milano.
Rimando approfondimento di questo punto ad altra relazione: Convegno NW.01 "La rete per il lavoro"
p.s. ogni riferimento a eventi è dimostrabile con ampia e dettagliata documentazione