dai Sindacati

Obiettivo: ottenerla tutti.
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dai Sindacati

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le posizioni e iniziative sindacali di cui veniamo a conoscenza :evil:
grabius
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Re: dai Sindacati

Messaggio da leggere da grabius »

I sindacati sono stati e continuano ad essere l'espressione peggiore del corporativismo italiano.
La determinazione di un potere, attraverso la manipolazione di massa è figlia del più becero e sorpassato comunismo.

Quello che chiedo e contesto ai cosidetti sindacati italiani si può esporre in alcuni punti che voglio enunciare in termini chiari:

1) maggiore chiarezza e trasparenza

2) libertà di espressione per gli iscritti

3) smarcamento dalla partecipazione al balletto mediatico che si svolge quasi quotidianamente a braccetto con il governo di turno.
(Ciò è impossibile perchè richiederebbe l'applicazione dei punti 1) e 2).

Cordialità
grabius
matilde
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Re: dai Sindacati

Messaggio da leggere da matilde »

ci sono diversi modi di intendere il Sindacato, a mio punto di vista: quello idealista, l'aziendalista, il corporativista. A me piacerebbe la figura del pragmatico/giuslavorista. Se ti viene in mente qualche altra categoria, indicamela.
Te lo ricordi "Il compagno"? Penso a quello se parlo di idealismo. Penso ai costruttori di società interinali, ecc. se penso al secondo. Penso ai chiusi nel loro orto, senza pietà per gli altri, riguardo al terzo. Il pragmatico/giuslavorista è quello che si presenta appena entri, cioè ti accoglie, ti informa sui tuoi diritti, doveri anche, e ti accompagna nella tua vita lavorativa per tutti i bisogni. Quanti ne conosci?
matilde
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Re: dai Sindacati

Messaggio da leggere da matilde »

aggiungo, piuttosto che genericamente, vorrei mirare alla comprensione del fenomeno per cui i sindacati non stanno portando avanti la lotta per l'indennità di disoccupazione per tutti
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cenni su ammortizzatori, ma indi per tutti non si vede

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Recessione
Trecentomila posti a rischio http://www.rassegna.it/articoli/2008/10 ... -a-rischio

SINTESI tag ammortizzatori sociali

Per Fmi e Bankitalia fino al 2009 l’economia italiana avrà il segno meno. E la Cgil stima gli effetti. “Indispensabile un sostegno ai redditi e all’occupazione”

Per quanto riguarda la sola Italia, la Cgil ha fatto qualche conto iniziale e stima che siano “a rischio 300mila posti di lavoro”. La cifra è stata fornita dal segretario confederale Agostino Megale in un’audizione alla commissione Finanze della Camera sul decreto legge 155/200 (“Misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio alle imprese e ai consumatori, nell’attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali”) e sul dl 157/2008 (“Ulteriori misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio”).

Il sindacato, pertanto, non si accontenta del decreto legge ‘salva banche’, e chiede - precisa Megale – “un sostegno ai redditi e all’occupazione che passi attraverso l’attivazione di un tavolo per affrontare i problemi della crisi, la tutela dell’occupazione e la politica dei redditi”. Sulle misure di sostegno all’occupazione il sindacato chiede “l’ampliamento del fondo per gli ammortizzatori sociali da estendere a tutti i lavoratori, compresi i settori dove non sono previsti”. Inoltre, “un intervento di sostegno all’occupazione fondato su incentivi alle imprese di natura fiscale per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato, con attenzione a donne e giovani”. Mentre per il sostegno al reddito, Megale chiede “un intervento di riduzione del prelievo fiscale su salari e pensioni nel prossimo biennio, agendo sulle detrazioni o restituendo il fiscal drag, a partire da 500 euro nel 2008 da erogare con la tredicesima mensilità; l’estensione della platea dei pensionati che ricevono una quattordicesima mensilità anche a coloro che ricevono una pensione di 1.300 euro mensili”.

“Nell’attuale crisi economica – infine - la misura per la detassazione dello straordinario non è più urgente, al contrario sarebbe invece ragionevole usare quelle risorse stanziate per chi, senza tutele e senza ammortizzatori sociali, rischia nella crisi di restare senza reddito”.

Allarme per l’occupazione femminile
“Non devono essere le donne a pagare il prezzo più alto per la crisi in corso. Bisogna evitare quell’ulteriore regressione sociale e devitalizzazione del sistema economico che si produrrebbe trascurando l’impatto sull’occupazione femminile che la crisi può generare. Nei momenti di difficoltà, quando una crisi ci colpisce tanto da farci sbandare, occorre mantenere ben saldi i principi di coesione e progresso civile del paese, con misure adeguate e attente”. A dirlo è la segretaria generale della Filtea Cgil Valeria Fedeli, lanciando un allarme sull’occupazione femminile in seguito alla crisi finanziaria: “La moda italiana ha dimostrato di essere un settore rilevante per il paese, per l’immagine del made in Italy, per le capacità di innovazione, per le competenze dei lavoratori e per l’occupazione femminile. Ecco perché richiede attenzione e interventi mirati. Ecco perché occorre tutelare il lavoro femminile”.

Ma il versante più esposto cui dare certezza e velocità di risposta, spiega la segretaria dei tessili Cgil, “riguarda la tutela dell’occupazione in essere, quella femminile in particolare. Servono da subito ammortizzatori sociali in deroga per tutte quelle situazioni dove i lavoratori non hanno tutele.

Fiat, dopo Termini Imerese e Mirafiori cassa integrazione anche a Pomigliano
'Il ricorso alla cassa integrazione, data la crisi economica in atto, e' diventato massiccio, con ripercussioni gravi sul reddito dei lavoratori, moltissimi dei quali monoreddito. E' difficile per una famiglia di lavoratori Fiat vivere con un reddito di circa 800 euro mensili'. A dirlo è una lettera della Rsu della Fiat di Pomigliano d'Arco (Napoli), che oggi è stata consegnata ai presidenti del Consiglio dei Ministri, della Confindustria, dell'Unione industriali di Napoli, al Prefetto di Napoli e all'amministratore delegato della Fiat, nella quale i lavoratori chiedono la costituzione di un tavolo di confronto nazionale per 'dare risposte produttive e occupazionali' e un 'sostegno salariale diretto ai lavoratori'. Agli operai della Fiat di Pomigliano, infatti, e' stata comunicata la cassa integrazione di tre settimane per il solo mese di novembre, che si aggiungono alle quattro di settembre e ottobre.

Anche i lavoratori di Termini Imerese e Mirafiori incomincino ad usufruire massicciamente degli ammortizzatori sociali. A novembre lo stabilimento di Mirafiori si fermerà due settimane, anziché una sola come era stato annunciato a luglio: resteranno a casa dal 3 al 16 novembre 3.500 lavoratori di tutte le linee, ad eccezione di quella dell'Alfa Mito, mentre si contano altre due settimane di cassa integrazione per i lavoratori dello stabilimento Fiat di Termini Imerese. Gli operai hanno già effettuato due settimane di cig all'inizio di ottobre, e sono rientrati al lavoro solo tre giorni fa. Si lavorerà fino alla fine della prossima settimana, poi scatteranno le due settimane di "cassa". Insomma, la crisi non sta sconvolgendo solamente i mercati finanziari, ma comincia ad incidere direttamente sulle vite dei lavoratori, a cominciare da quelli della Fiat.

21/10/2008 18:06
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da CISL contributo Libro Verde

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http://www.cisl.it/sito.nsf/Documenti/A ... oVerde.pdf

contiene ampi riferimenti alla questione dell'estensione dell'indennità di disoccupazione, sottolineando il ruolo dei centri per l'impiego.
Rammento a questo proposito il mio suggerimento di creazione dell'Opera Salvaguardia del Territorio, ove andrebbero a confluire i destinatari del programma segnalando essi stessi strada per strada quel che c'è da fare ed essendo segnalati a loro volta dagli operatori strada per strada. Esempio: Hotel Mundial di Milano. Che ne vogliamo fare? Locazioni temporanee per lavoratori temporanei ad esempio, e quanti Tavoli dobbiamo aspettare? Penso che parecchi disoccupati possano essere investiti prima nella bonifica, poi nell'adeguamento, e infine nella gestione.
Ma che, vi devo dire tutto io su come fare? :o
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commento da CGIL a Decreto Legge 185

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CGIL BERGAMO http://www.cgil.bergamo.it Schede di lettura del Decreto Legge 29 Novembre 2008 n. 185 (pubblicato in G.U. n. 280 S.O. 263 del 29.11.2008)

Con un Decreto Ministeriale da adottare entro 60 gg. saranno stabilite le seguenti modifiche.

AMMORTIZZATORI SOCIALI .1 (art. 19)
L’indennità di disoccupazione ordinaria per i lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali diventa di 90 giorni (erano 65) ma è subordinata ad un “intervento integrativo di almeno il 20% a carico degli enti bilaterali”.
L’indennità è estesa agli apprendisti.
La disoccupazione con REQUISITI RIDOTTI è prevista per crisi aziendali anche per l’artigianato e le agenzie di somministrazione; anche qui subordinata all’intervento integrativo degli anti bilaterali.
Il Decreto subordina l’indennità di disoccupazione all’intervento degli Enti Bilaterali (che non dovunque coprono il sostegno al reddito) e non precisa cosa si fa in caso di esaurimento dei fondi degli Enti Bilaterali stessi.
Si pone il tetto di 90 gg alla disoccupazione con requisiti ridotti mentre prima la durata era commisurata al lavoro svolto nell’anno precedente, con un massimo di 180 gg. Inoltre l’erogazione avviene nell’anno successivo.

AMMORTIZZATORI SOCIALI .2 (art. 19)
Il ricorso alla Cassa Integrazione straordinaria o di mobilità in deroga è subordinato all’esaurimento dei periodi di tutela dei 90 gg. Cofinanziati dagli Enti Bilaterali.
È un modo per trasferire un onere di solidarietà pubblica su enti privati come gli enti bilaterali prefigurando la futura riforma degli ammortizzatori sociali e cancellando definitivamentte la delega prevista dal Protocollo Welfare del 23 Luglio 2007.
AMMORTIZZATORI SOCIALI .3 (art. 19)
Per tutti i casi di sostegno al reddito il Decreto prevede la perdita dei benefici in caso di non accettazione di un’offerta di lavoro (perdita dello stato di disoccupazione).
Il principio, prima riservato solo ai lavoratori licenziati, ora viene esteso anche ai lavoratori in sospensione per crisi aziendale con previsione di rientro.
Si tratta di un irragionevole accanimento contro i lavoratori colpiti da crisi aziendali.

AMMORTIZZATORI SOCIALI .4 (art. 19) Per i COLLABORATORI A PROGETTO che abbiano conseguito nell’anno precedente un reddito di almeno 5.000 € e operino in zone definite in stato di crisi, in regime di mono-committenza, per almeno 3 mesi e con almeno 2 mesi di scopertura contributiva è prevista una indennità una tantum pari al 10% del reddito percepito.
La norma è ambigua nei requisiti (non è chiaro il concetto di mono-committenza); non vengono previste misure di tutela sul fronte contributivo.
Poiché il reddito medio dei collaboratori a progetto è di circa 8.000 €, si sta parlando di una una tantum di 800 €.
Non è previsto alcun intervento per i precari che saranno licenziati entro il 2008. :evil:
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confronto fra CISL e proposte Boeri-Garibaldi

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LAVORO/ Santini (Cisl): troppi contratti, vanno semplificati. Non funziona la proposta di Boeri sul
salario minimo
INTERVISTA A
Giorgio Santini, Segretario Confederale Cisl
La crisi economica potrebbe aumentare la precarietà nel nostro mercato del lavoro. Ma diversamente da altri
momenti di crisi economica e occupazionale, l’aspetto che caratterizza la fase in cui viviamo è la grande
diffusione della precarietà: Boeri e Garibaldi nel loro saggio – da cui è tratto l’articolo uscito su Repubblica il
22 ottobre scorso - stimano in 4 milioni e mezzo i lavoratori precari, il 19% degli occupati. Per limitare la
precarietà in un’epoca di crisi i due economisti propongono un contratto unico per tutti, a tempo
indeterminato, flessibile all’inizio con tutele che crescono nel tempo. E l’introduzione di un salario minimo
nazionale. Ilsussidiario.net ne ha parlato con Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl.
Santini, Boeri propone un contratto unico per tutti per alzare la soglia minima di garanzia a tutela del
lavoratore.
La crisi economica non la si può affrontare solo agendo sugli strumenti contrattuali come propone Boeri.
Occorre prima potenziare gli ammortizzatori sociali, estendendoli – ma è una riforma che da anni stiamo
aspettando – anche alle fasce che oggi ne sono sprovviste: penso alle piccolissime aziende e ai tanti
lavoratori anche a tempo indeterminato che esse impiegano, ma anche ai lavoratori temporanei,
somministrati e a progetto.
Abbiamo però una grande frammentazione di forme contrattuali e questo non aiuta.
Il problema che pone Boeri è serio: in Italia abbiamo una concezione della flessibilità del lavoro che è andata
oltre il necessario, dando luogo ad una eccessiva articolazione di tipologie contrattuali. Se superiamo le
forme di lavoro meno utilizzate o di nicchia sarà più facile introdurre elementi di tutela. Mi pare però
onestamente difficile arrivare al contratto unico.
Perché?
Ipotizziamo che si faccia il contratto unico. Aboliamo l’apprendistato? Aboliamo il lavoro stagionale? Il lavoro
interinale e il part time? Abbiamo già quattro tipologie rispetto alle quali il contratto unico mi sembra una
indebita semplificazione. Ma c’è un altro problema: se il contratto unico scatta tutte le volte che si cambia
lavoro – come è nell’ipotesi di Boeri – scatta anche per un cinquantenne? È difficile applicare strumenti rigidi
ad una realtà molto frastagliata e diversificata come la nostra.
Che ne pensa invece dell’ipotesi del salario minimo per legge?
Mi sembra una semplificazione eccessiva. È vero, nel salario minimo c’è una giusta istanza di equità, ma
non credo che adottando quello strumento la si possa soddisfare. Le istanze di equità vanno applicate
facendo i conti con la realtà.
Torniamo alla semplificazione delle forme contrattuali…
Sono d’accordo che una semplificazione sia necessaria. Di tutte quelle vigenti le importanti quali sono? Direi
il tempo indeterminato, il tempo determinato, l’interinale – e l’apprendistato, che però è di accesso – il part
time e il contratto a progetto, che potrebbe essere di molto “asciugato” se si applicasse la parità contributiva.
Ecco allora le due operazioni da fare: innanzitutto semplificare o riaggre gare le forme contrattuali intorno a
quelle più utilizzate: per esempio, scopriremmo che il contratto a termine è un altro modo di intendere il
periodo di prova…
E la seconda cosa da fare?
Individuare due grandi trasversalità: la prima, dare a tutte le tipologie lavorative le stesse tutele in caso di
perdita del lavoro (cioè ammortizzatori sociali omogenei per tutte le tipologie e le classi di imprese); la
seconda, che progressivamente tutte le tipologie lavorative abbiano le stesse contribuzioni previdenziali.
Che non ci sia cioè quel dumping previdenziale che in Italia ha falsato e sta falsando il mercato del lavoro.
Può fare un esempio?
La “bolla” dei co.co.co che c’è stata dal 1996 in poi è dovuta al fatto che per un contratto di questo tipo si
pagava il 10% di contributi e quindi era molto più conveniente, al prezzo però di falsare il mercato del lavoro,
creando posizioni fittizie. La legge Biagi ha in parte riformato questo processo, stabilendo una contribuzione
più alta – ora siamo al 23% – e legando il lavoro ad un progetto.
Secondo lei è necessario uscire da una logica di tutela solo monetaria e andare verso forme di tutela
non monetaria?
È un problema complesso. Direi di sì, se per tutela non monetaria si intende l’incremento della capacità di
restare nel circuito lavorativo, il che vuol dire due cose: offrire alla persona un percorso di riqualificazione,
che aumenti lo spettro delle sue possibilità di impiego. Qui ha ragione il Libro Verde quando dice che occorre
passare da un welfare risarcitorio, centrato sull’ammortizzatore sociale “a perdere” - col risultato collaterale,
per esempio, di creare lavoro nero - a un welfare proattivo e dinamico, che fa leva sulla responsabilità della
persona.
Questa centralità della persona in concreto come si attua? Quali tutele mettere in campo?
Qui l’ammortizzatore sociale deve servire per riqualificare il lavoratore anche attraverso un rapporto attivo
con i servizi all’impiego e con le agenzie del lavoro pubbliche e private, in modo da portare ad un
reinserimento lavorativo.
Cosa manca alle relazioni industriali nell’assetto che hanno oggi perché possano offrire un
contributo più decisivo al mercato del lavoro?
Non vedo favorevolmente la logica di uscire dalle tutele contrattuali; queste a mio avviso sono sempre
necessarie e hanno ancora grandi potenzialità, per esempio se riusciamo fino in fondo a “varcare la soglia”
della partecipazione, cioè a superare lo schema per cui nei luoghi di lavoro il fattore impresa e il fattore
lavoro sono degli avversari che fanno un braccio di ferro, firmano un contratto e poi per tre anni tornano su
fronti ideologici contrapposti. Vorrebbe dire uscire finalmente dalla logica che ha dominato i nostri anni ’70 e
’80.
Quali sono gli ambiti che possono favorire la partecipazione che lei auspica?
Su molti aspetti che riguardano lo sviluppo impresa e lavoratore possono agire insieme: è il caso del fattore
prevenzione, salute e sicurezza. Così la formazione continua, ne ha bisogno l’impresa ma anche il
lavoratore, per non veder deperire il suo patrimonio professionale. Più in generale, occorre incentivare al
massimo una sussidiarietà delle parti che si affianca a quello che è il ruolo tradizionale dello Stato e della
risorsa pubblica. Anche per questo la Cisl ha difeso il secondo livello di contrattazione, premendo perché
avesse il rilievo e la centralità che non ha avuto in questi anni.

Fonte: ilsussidiario.net
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vademecum UIL

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Fonte: Servizio Politiche Territoriali polterritoriali@uil.it

UIL VADEMECUM 2009 PER LA CONTRATTAZIONE CON LE AUTONOMIE LOCALI
PREMESSA Il momento di crisi economica e di recessione richiede una serie di interventi mirati e coordinati dei vari livelli di Governo, per attutire l’impatto della crisi sull’occupazione e il potere di acquisto dei salari e delle pensioni. Infatti, nei prossimi mesi, dovremo fare i conti con problemi occupazionali, in aggiunta ad una caduta dei consumi e dei redditi fissi che ci sta portando ad un impoverimento generale. Per questi motivi crediamo sia necessaria una strategia incisiva e determinata. In questo quadro occorrono una serie di interventi per il sostegno al reddito, per l’estensione dei sistemi di protezione sociale e, quindi, anche più incisivi ammortizzatori sociali. E’ necessario estendere le tutele a chi oggi ne è escluso e rischia di pagare, maggiormente, gli effetti della crisi, quali i lavoratori “flessibili” (contratti a tempo determinato, apprendisti, somministrati e contratti a progetto monomandatari). Così come è necessario creare un sistema in base al quale le persone non siano licenziate, ma vengano sospese e possano usufruire di un sostegno al reddito, con la prospettiva poi di essere riassorbiti dalla stessa ditta. Unitamente, ovviamente, a percorsi formativi straordinari e di reinserimento nel mercato del lavoro. In questa ottica occorre “fare sistema”. A nostro avviso, ognuno deve fare la propria parte e affrontare le priorità che la crisi finanziaria provoca: lo Stato centrale certamente, ma anche il sistema delle Autonomie Locali. Da parte nostra, abbiamo posto l’urgenza di una nuova politica economica, indicando come priorità delle priorità la necessità di avviare un processo che riconoscesse, a coloro che in questi anni hanno visto il loro reddito fortemente eroso a vantaggio di altri segmenti sociali, il giusto: lavoratori dipendenti e pensionati. Questa priorità l’abbiamo indicata al Governo centrale e agli Enti Locali. Abbiamo indicato, da buon sindacato propositivo, anche soluzioni e strade che coniugassero equità, giustizia sociale e compatibilità finanziarie come, ad esempio, anche per l’IRPEF Comunale e Regionale, l’introduzione di una NO TAX AREA e della progressività delle aliquote per i lavoratori dipendenti e pensionati. Il Decreto 185, il cosiddetto piano anticrisi, va appunto in questa direzione, dal momento che per la prima volta vengono ridistribuite risorse, con il “bonus”, esclusivamente ai lavoratori dipendenti e pensionati. Tuttavia abbiamo, anche, sottolineato come le risorse complessive stanziate siano, ancora, del tutto insufficienti. Per questo crediamo che occorra “fare sistema” tra Stato, Autonomie Locali e Parti Sociali ed Economiche in quanto, se ognuno per la sua parte mettesse un pezzo, le risorse (oggi insufficienti) sia per sostenere il potere di acquisto dei salari e delle pensioni, che per gli ammortizzatori sociali, potrebbero “rimpinguarsi”. Noi proponiamo un innovativo patto per lo sviluppo che dia valore al lavoro, alle imprese e all’innovazione, partendo dagli ammortizzatori sociali che devono essere garantiti, come detto, a tutte le tipologie contrattuali. Si tratta di mettere in campo un vero e proprio patto sociale ed istituzionale, sulla scorta di protocolli siglati in questi giorni come, ad esempio, il protocollo di intesa siglato tra Regione Veneto e Organizzazioni Sindacali. Accordo che punta, in maniera innovativa, alla riprogrammazione dei Fondi Strutturali Europei in funzione anticrisi aumentando da una parte le risorse destinate agli ammortizzatori sociali e al sostegno al reddito e, dall’altra, destinando maggiori risorse per i corsi di riqualificazione dei lavoratori e sul loro reimpiego. Il protocollo di intesa siglato dall’ANCI Toscana con le Organizzazioni Sindacali è invece mirato al contenimento del peso della fiscalità locale, nell’ottica di non aumentare le tariffe dei servizi pubblici locali e, al tempo stesso, di garantire soluzioni più favorevoli nell’applicazione dell’imposte locali a coloro che usufruiscono degli ammortizzatori sociali.
LE PROPOSTE A LIVELLO REGIONALE Sulla base delle indicazioni della Commissione Europea sull’utilizzo delle risorse delle Politiche di Coesione in chiave anticrisi, contenute nella Comunicazione del 16 Dicembre 2008, le Regioni possono e debbono attivare tutte le iniziative previste. Oltre alla riprogrammazione degli interventi, la Comunicazione della Commissione indica l’esigenza di accelerare gli investimenti dei Fondi Strutturali (FSE, FESR) e di incoraggiare gli Stati membri a far ricorso, nell’ambito delle Politiche di Coesione, alle iniziative lanciate dal Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI) e dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI). In questa ottica, chiediamo, che si impegnino risorse adeguate del FSE al sistema degli ammortizzatori sociali, anche in un’ottica di anticipare e spendere subito una quota rilevante delle risorse assegnate alla singole Regioni. Si tratta di risorse che per il 2007 – 2013 ammontano a 13,7 Miliardi di euro comprensivi del cofinanziamento sia nazionale che regionale. Di queste risorse, 13,2 Miliardi di euro sono stati programmati dalle Regioni e 0,5 Miliardi di euro dallo Stato centrale attraverso due Programmi Operativi (Centro-Nord e Mezzogiorno). Per quanto riguarda la formazione/riqualificazione una parte delle risorse del FSE dovranno essere orientate per i corsi di riqualificazione dei lavoratori e sul reimpiego.
Le parti sociali, da parte loro, si possono impegnare ad attivare gli Enti Bilaterali per supportare finanziariamente, sulla base di specifici accordi sindacali, prioritariamente le risorse per il sostegno al reddito dei lavoratori. Almeno le Regioni che non sono alle prese con l’extradeficit sanitario e hanno deliberato una maggiorazione dell’Addizionale Regionale IRPEF, prevedano delle soglie di deduzione (NO TAX AREA) per i redditi fissi, e, per questi redditi la progressività dell’aliquota per scaglioni di reddito. A fronte di ciò le parti sociali si impegnano ad intervenire presso il Governo per allentare la stretta del patto di stabilità, al fine di liberare risorse per lo sviluppo. In sintesi: 1. le Regioni riprogrammano i Programmi Operativi Regionali FSE, FESR FEARS e del FAS, individuando maggiori risorse destinate agli ammortizzatori sociali, alla formazione professionale e agli investimenti infrastrutturali. 2. Le Regioni, per sostenere il potere di acquisto dei salari e delle pensioni, rimodulino l’Addizionale Regionale IRPEF a favore dei lavoratori dipendenti e pensionati. 3. Le parti sociali si impegnano ad intervenire presso lo Stato centrale, affinchè reintroduca il principio che il co-finanziamento regionale e nazionale per i Fondi Strutturali Europei, non sia imputato ai fini del rispetto del Patto di Stabilità e, nel contempo, che non si vincolino le Regioni “virtuose” (ovvero quelle che destinano maggiori risorse al sistema degli ammortizzatori sociali) a finanziare con almeno il 70% delle risorse FAS di loro competenza, le azioni cardine previste dalla Legge 133/08 (potenziamento della rete infrastrutturale, ivi comprese le reti di telecomunicazione e quelle energetiche).
LE PROPOSTE A LIVELLO PROVINCIALE Le Province dispongono tributi propri, sui quali hanno l’autonomia di deliberare le aliquote e di conseguenza di determinarne il gettito e di compartecipazioni ai tributi erariali. Sono tutti tributi, comprese le compartecipazioni, che hanno la caratteristica di essere definiti tributi dinamici, ovvero anche ad invarianza di aliquota il gettito aumenta di anno in anno. Sono tributi propri l’Imposta Provinciale di Trascrizione (IPT); il Canone per l’occupazione di spazi e aree provinciali (COSAP); l’Addizionale Provinciale sul consumo elettrico; il Tributo Provinciale Ambientale ai quali si aggiungono le compartecipazioni al gettito nazionale IRPEF e l’Imposta sulla assicurazioni RCA. In particolare: l’IPT si applica sulla base di una apposita tariffa stabilita a livello nazionale. Ogni provincia può deliberare l’aumento delle tariffe di base dell’imposta fino ad un massimo del 30%. L’Addizionale Provinciale all’accisa sull’energia elettrica è istituita in favore delle province per qualsiasi uso effettuato in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di 200.000 KWH di consumo al mese. La misura dell’accisa è di euro 9,30 per mille KWH. Le Province possono, però, deliberare aumenti fino a euro 11,40 per mille KWH.
Il Tributo Provinciale Ambientale e’ applicato alle tariffe e/o alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. E’ facoltà della Provincia istituire il tributo. L’aliquota viene stabilita annualmente dalla Provincia con una maggiorazione fino ad un massimo del 5%. Chiediamo, in particolare, che le Province, attingendo dall’aumento del gettito di questi tributi, attivino maggiori investimenti per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, per la manutenzione delle strade e per ridurre il carico fiscale sulle famiglie. A fronte di ciò le parti sociali si impegnano ad intervenire presso il Governo per allentare la stretta del patto di stabilità, al fine di liberare risorse per lo sviluppo. In sintesi: 1. Le Province attivino maggiori investimenti per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e per la manutenzione delle strade, attingendo dalle maggiori entrate che provengono dall’IPT, dalla COSAP, dall’Addizionale Provinciale sul consumo elettrico e dall’Imposta sulla assicurazioni RCA. 2. Le Province per sostenere i redditi delle famiglie diminuiscano, di almeno un punto in percentuale, l’aliquota sul tributo Provinciale Ambientale a favore di tutte le utenze. 3. Le parti sociali si impegnano ad intervenire presso lo Stato centrale, affinchè le spese per gli investimenti non sia imputate ai fini del rispetto del Patto di Stabilità.
LE PROPOSTE A LIVELLO COMUNALE Occorrono azioni mirate al contenimento della fiscalità locale, nell’ottica di non aumentare le tariffe dei servizi pubblici locali e, al tempo stesso, di garantire ricadute più favorevoli, nell’applicazione dell’imposte locali, a coloro che vivono con reddito fisso. Siamo consapevoli dello stato della finanza pubblica, date le riduzioni dei trasferimenti previste dalle manovre economiche e dal blocco degli aumenti delle Addizionali e della soppressione dell’ICI sulla prima casa, ma sarebbe saggio e necessario, che i Comuni comprendessero che le scelte politico finanziarie a livello locale, inevitabilmente, non saranno ininfluenti rispetto all’”emergenza reddito” che sta colpendo il nostro Paese. Si tratta, da una parte, di evitare incrementi della Tassa/Tariffa Rifiuti e delle tariffe di altri servizi locali (rette degli asili nido, refezione scolastica, trasporto pubblico locale) che sarebbero insopportabili per le tasche dei lavoratori dipendenti e pensionati. Soprattutto proponiamo, che per il 2009, ci sia una rivisitazione del modo di applicazione delle Addizionali Comunali IRPEF premiando, una volta tanto, coloro che pagano per intero le tasse: lavoratori dipendenti e pensionati. Il tutto utilizzando, con criteri di equità, lo strumento (facoltativo) per le Amministrazioni Locali di stabilire soglie di esenzione “in presenza di specifici requisiti reddituali”, che dovrebbero essere non i generici bassi redditi (spesso autodichiarati), ma quelli di coloro che vivono con redditi fissi. Non convince il meccanismo dell’esenzione “secca” per fasce di reddito, in quanto presenta aspetti di iniquità, perché fino alla fascia di reddito esente non si paga nulla, basta, invece, avere un reddito al di sopra, anche di 1 euro, ecco che si paga interamente l’imposta.
Senza considerare il fatto che, in questo modo, c’è il rischio di premiare coloro che sono infedeli al fisco. Si potrebbe pensare, in alternativa, ad un contributo economico (bonus), riservato esclusivamente ai lavoratori dipendenti e pensionati, che abbiano un reddito fino ai 35.000 euro, sulla scorta quanto previsto a livello nazionale dal Decreto anticrisi e di analoghe decisioni prese da alcuni Comuni (Bergamo e Parma). D’altronde, i Comuni, in questi due ultimi anni, hanno fatto “cassa”, anche ad invarianza di aliquote, per effetto dell’aumento della base imponibile, dovuto sia alla naturale crescita del gettito fiscale, che all’effetto della soppressione delle deduzioni per carichi di famiglia, sostituite dalle detrazioni d’imposta. Pertanto, tra aumenti di aliquote e della base imponibile, si sono registrati incrementi, che noi stimiamo, nel periodo di imposta 2006/2008 di circa il 71%, del gettito delle Addizionali. Le parti sociali si impegnano ad un’azione verso il Governo e il Parlamento per garantire l’allentamento dei vincoli del Patto di Stabilità e la certezza dei tempi nell’erogazione dei trasferimenti erariali. In sintesi: 1. I Comuni si impegnano nell’applicazione delle Addizionali Comunali IRPEF 2009 distinguendo il reddito da lavoro dipendente e pensione dagli altri, introducendo una deduzione rivolta solo ai lavoratori dipendenti e ai pensionati (NO TAX AREA), prevedendo deduzioni dalla base imponibile per questi redditi e applicando aliquote progressive per scaglioni di reddito. In alternativa, l’erogazione di un contributo economico (bonus), riservato esclusivamente ai lavoratori dipendenti e pensionati, che abbiano un reddito fino ai 35.000 euro. 2. I Comuni si impegnano ad non aumentare le tariffe per i servizi pubblici, compresa la tassa tariffa rifiuti solidi urbani, in alternativa si impegnano ad aumenti contenuti al tasso d’inflazione programmata. 3. I Comuni si impegnano ad aumentare la spesa per gli investimenti pubblici, dando priorità alle opere esecutive. 4. Le parti sociali si impegnano ad intervenire presso lo Stato centrale, affinchè le spese per gli investimenti non sia imputate ai fini del rispetto del Patto di Stabilità.
Gennaio 2009
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due rapidissime decisioni

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(ANSA) - ROMA, 18 FEB - Una moratoria sui licenziamenti almeno per l'intero 2009, insieme al rinnovo dei contratti a termine in scadenza: e' la proposta avanzata dal segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, per fronteggiare la crisi occupazionale conseguente alla pesante situazione economica. A suo parere, va anche costituita una task force regionale, coordinata, a livello nazionale, da un commissario ad hoc. ''Servono due rapidissime decisioni'', ha detto il leader della Uil, a margine di una audizione alla Camera: ''Fare un'intesa tra imprese, sindacati e governo su una moratoria dei licenziamenti almeno per un anno, per tutto il 2009, e rinnovare i contratti a termine in scadenza. Va articolata, inoltre - ha proseguito Angeletti - regione per regione una task force, coordinata da un commissario a livello nazionale, non per dibattere ma per gestire la crisi economica in termini di sussidi per l'occupazione e flussi di credito alle imprese, che devono essere assicurati''. Serve, ha continuato il numero uno della Uil, ''una task force e come per le calamita' naturali la nomina di un commissario, perche' si deve intervenire con velocita', rapidita'''. Ovviamente, ha sostenuto Angeletti, la task force deve lavorare con interventi a livello regionale perche' ''i problemi sono eterogenei, differenziati'', mentre sulla proposta di bloccare i licenziamenti, l'accordo tra le parti deve assicurare ''la cassa integrazione o forme analoghe di sostegno al reddito dove non ci sono''. Quanto alle risorse, ''i soldi ci sono'', ha detto il numero uno della Uil, ''non ho sentito un rappresentante di governo dire che non ci sono, anzi, ho sentito il problema contrario, cioe' di spenderli. La discussione sulle risorse e' fantasmagorica''. Angeletti ha inoltre sottolineato la necessita' di ''fare le opere pubbliche''. Tutto questo rappresenta, a suo parere, ''una politica che si puo' fare adesso e che e' sul serio anticiclica''.
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